NOTTI IN BIANCO QUANDO UN GIORNO ARRIVA IL PANICO
QUANDO UN GIORNO ARRIVA IL PANICO
E lo fa come un ospite non invitato e senza dubbio molto poco gradevole. Il cuore comincia improvvisamente a rimbalzare dentro al petto, la temperatura corporea impazzisce generando sudore a profusione, o vampate, o brividi, o costringendoti a tremare come una foglia. La sensibilità del corpo da’ segni di anarchia e si esibisce in inspiegabili formicolii. Il respirare diventa azione faticosa, come ostacolata, ed hai delle strette al torace che ti fanno sentire in trappola, in pericolo. Ecco che mentre viene meno l’equilibrio, la testa gira e le gambe diventano inaffidabili, si fa strada, prima subdolamente e poi come un’esplosione, una forte preoccupazione per la tua incolumità, un senso di vulnerabilità, un minaccioso ed insistente pensiero che stai correndo il rischio di morire!!! A questo punto vai dal medico di base o prenoti un consulto dal cardiologo, se non ti sei precipitato direttamente al pronto soccorso. E ti viene detto: “Lei ha avuto solo un episodio di attacchi di panico”
Ti chiedi se alla tua vita, negli ultimi tempi, siano per caso capitati eventi che le ricerche scientifiche considerano precipitanti, precursori dell’attacco di panico; come la perdita o la malattia di una persona significativa, una separazione, oppure l’inizio di una convivenza o di un matrimonio, l’aver subito una qualche violenza, fisica o psicologica, o ancora l’essere al centro di problemi finanziari o lavorativi. E magari la tua risposta è “si, in effetti non sto passando un momento propriamente facile”. Ma ci sta che invece il collegamento con un evento prodromico non sia così intuitivo. Che ciò che è cambiato non sia qualcosa di così evidente ed individuabile intorno a te. Che magari si tratti di un cambiamento in essere (e che fai fatica ad accettare), proprio dentro di te. Oppure che sia una necessità evolutiva alla quale ti stai opponendo con tutte le forze, costringendo la tua saggezza organismica ad utilizzare “mezzi” un po’ invadenti.
E SE CHIEDESSI AIUTO AD UNO PSICOTERAPEUTA?
Innanzitutto è necessario imparare a gestire una sintomatologia che viene descritta da coloro che l’hanno sperimentata come un’esperienza terribile e che ti piomba addosso spesso senza preavviso, lasciandoti un “pro-memoria” indelebile e la costante paura di riviverla. Lavorando su questo aspetto il terapeuta deve essere chiaro sul fatto che l’obiettivo non sarà quello di far scomparire una volta per sempre l’attacco di panico, e non lo sarà perché oltre ad essere impossibile, farebbe perdere al paziente una grande occasione: la possibilità di ascoltare cosa ha da dire. Certo è che se non si liberano le energie della persona dalla necessità di difendersi continuamente dall’ “ATTACCO DEL PANICO” sarà più difficile farle capire il suo valore adattivo ed apprezzare, in un secondo momento, la sua spinta evolutiva. Ecco che qui hanno un ruolo di primo piano tecniche a mediazione corporea come il training autogeno, il qi gong, lo shiatsu.
Dopo essersi occupati delle manifestazioni del panico (non escludendo a priori la necessità di un intervento farmacologico là dove la severità del quadro sintomatologico lo renda strettamente necessario), ci possiamo così dedicare al suo significato ed al messaggio che consegna alla nostra vita. L’attacco di panico è una espressione disfunzionale di energia in esubero; ci sta dicendo che non utilizziamo parti importanti delle nostre risorse, che non andiamo ad esplorare il nostro potenziale per paura. E, come è noto, l’energia stipata e per troppo tempo repressa, prima o poi ci travolge. E’ necessario “allargare le maglie” delle nostre convinzioni, dei nostri “è sempre stato così e così sempre sarà”, perché è proprio tra quelle maglie che si nasconde ed è trattenuta la forza che ci produce tanto dolore
„Quel che sono è sufficiente, se solo riesco ad esserlo.“
Carl Rogers